SANZA: UN MESE FA

“… che utilità in una cosa buona, se me ne servivo male …” scriveva Sant’Agostino capitolo XVI, Cattivo Uso Di Un Grande Ingegno, ne Le Confessioni.
Un grande ingegno dunque. Anche scrivere un articolo di giornale per partecipare a tutti l’emozione ed il sentimento di sgomento che si può provare nel perdere un amico, un marito, un padre o un figlio, è frutto di un grande ingegno; tranne che se dello stesso se ne fa un cattivo uso.
Ed è cattivo uso, se pur di un buon proposito, descrivere in modo assolutamente superficiale e senza tener conto dei sentimenti di un padre, di un figlio, di una moglie o di un amico la morte di un giovane quarantottenne che il Fato, il Destino, il Signore ha deciso di portar via all’affetto dei suoi cari. Se però, magari, il buon proposito è celato dietro l’opportunismo di un momento, allora probabilmente non siamo più di fronte al cattivo uso di un grande ingegno ma all’ignoranza dell’incosciente.
La penna è un arma; diceva bene il grande Montanelli.
La penna è un arma molto pericolosa se non saputa maneggiare con cura; e se all’incuria dell’uso dell’inchiostro vi si aggiunge la superficialità di colui che scrive senza magari approfondire “I fatti” si fa davvero un cattivo uso di un grande ingegno. Il fatto poi se, in modo sibillino, cela magari uno spot elettorale per dire che al momento era presente questo piuttosto che quel politico o quel “consigliere comunale”, allora all’ignoranza dell’incosciente vi si aggiunge anche la malafede.
Chi dello scrivere ne fa una professione ben conosce l’importanza di raccontare “I fatti”.
Ebbene i fatti sono questi: non duecento persone ma bensì all’incirca duemila hanno voluto onorare con la loro presenza l’ultimo saluto a Vito Curcio. Mai a Sanza, a memoria d’uomo, un tributo di tali proporzioni era stato riservato ad alcuno. Non solo l’intera comunità di Sanza ma bensì l’intera comunità di Caselle in Pittari, di Buonabitacolo, tanti da Torre Orsaia e da altri comuni del Diano e del Golfo di Policastro si sono stretti intorno alla famiglia al momento dei funerali che si sono tenuti, come tutti ben sanno, nella chiesa di San Francesco. E’ vero, alla famiglia sono arrivati più di cento telegrammi di cordoglio, da tutto il mondo, da amici, conoscenti, politici, dal Senatore Formisano, ma non dall’ex ministro Antonio di Pietro.
Questi i fatti e non quelli riportati in modo alquanto superficiale, nell’articolo apparso sul quotidiano “La Città” di Salerno all’indomani della morte del caro Vito Curcio.
Una FATALITA’, queste le parole usate da chi con competenza ne ha dovuto accertare le cause; un caso su un milione, purtroppo annoverato dagli annali della medicina.
E’ toccato a Lui, proprio a Lui, ma il perché non ci è dato di sapere, almeno in questa vita.
Resta infine in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscere il caro Vito la consapevolezza di essere persone fortunate; persone che hanno avuto il dono di condividere con un Uomo Speciale parte della propria esistenza. Il segno indelebile che Vito ha lasciato nella nostra comunità vale bene un tributo eterno al suo perenne ricordo. Nulla sarà più come prima, e questa è certezza assoluta.
La vita di tutti coloro che hanno incontrato la gioia e l’allegria di Vito adesso conosce anche la sofferenza.
Diceva l’amato Papa Wojtyla: “ogni sofferenza umana, ogni dolore, racchiude una promessa di salvezza, una promessa di gioia”. Quale gioia migliore nella nostra sofferenza se non la promessa che un giorno, caro Vito, ci rincontreremo.

Note: Fonte Lorenzo Peluso
News pubblicata il 29-08-2008, letta 1265 volte
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