La scoperta degli annunci su un sito creato per il giro di prostituzione nel Vallo

La holding del sesso del Vallo di Diano aveva allargato i suoi orizzonti sfruttando adeguatamente anche il web. Non solo, quindi, annunci a pagamento sui giornali, quotidiani, settimanali e periodici, ma anche internet. Bastava rapportarsi, infatti, al sito www.incontri.polla.it e si potevano organizzare incontri a pagamento per tutte le tasche. All'interno del sito anche numeri di telefono per poter colloquiare con la lucciola che si preferiva, e chiederle oltre che appuntamenti, anche l'abito che avrebbe dovuto indossare in occasione dell'incontro. Ce n'erano per tutte le tasche.
E se qualcuno non aveva il denaro sufficiente, poteva contrattare qualche minuto di sesso barattandolo con una damigiana d'olio o, meglio ancora, con una busta di fagioli coltivati a Sarconi, in provincia di Potenza. Le carte dell'inchiesta, comunque, propongono scenari anche abbastanza degradanti. E c'è anche chi ci ha rimesso non solo il denaro, ma alla fine è rimasto coinvolto anche lui, tutto d'un pezzo, nella vicenda. E' il caso, per esempio, del titolare di un agriturismo del Vallo di Diano dove alcune prostitute preferivano incontrare i loro clienti. Per ben quattro volte l'agriturismo in questione è stato teatro di scene di sesso a pagamento ma alla fine, il proprietario, che ha dichiarato nel corso degli interrogatori che non immaginava assolutamente di trovarsi di fronte ad un giro di squillo, aspetta ancora che gli venga pagata la stanza.
Chi invece voleva pagare con assegni, veniva prima invitato a ritirare in contanti presso la sua banca la somma che occorreva per il pagamento e soltanto dopo riceveva in cambio quanto desiderato. Gli organizzatori del giro delle squillo, insomma , non si fidavano di nessuno. Una volta contrattato il presso bisognava pagare in contanti. Era questa la regola. A volte, se la giornata era andata male, ci si accontentava anche di trenta euro. Per prestazioni speciali, invece, si arrivava anche fino a cento euro. Non c'era una somma prestabilita da sborsare, insomma. Credito, però, a nessuno. Neppure ad un amico fidato che aveva chiesto di poter fare sesso con una donna "con la tuta marrone", che pare andasse per la maggiore in un determinato periodo, il quale si era impegnato a pagare quanto convenuto la sera successiva perché il padrone della ditta dove lavorava non gli aveva ancora consegnato il salario. Tante, tantissime le storie che si incrociano e su cui gli investigatori stanno cercando di fare piena luce. Sono ben 517, infatti, le pagine di una inchiesta che, con il passare dei giorni si fa sempre più scottante. E negli interrogatori di questi giorni presso la caserma dei carabinieri della Compagnia di Sala Consilina incominciano ad affiorare le prime ammissioni. Intanto gli avvocati di tutti gli indagati stanno già affilando le armi per presentare il ricorso al Riesame per la scarcerazione dei loro assistiti.
Sono complessivamente 26 gli indagati in questa vicenda, di cui ben 10 sono finiti in manette, mentre per gli altri sono scattate le misure interdittive dell'obbligo della firma. Dure le accuse mosse nei loro confronti dai magistrati della Procura della Repubblica di Sala Consilina Amato Barile e Carlo Rinaldi. Tutti gli indagati, infatti, dovranno difendersi del reato di associazione a delinquere finalizzato allo sfruttamento della prostituzione. Un giro che si snodava lungo l'asse bulgaro-rumeno, attraversando l'Abruzzo, la Basilicata e la Campania. A tenere le fila della banda, secondo gli investigatori, era Giuseppe Durante, di 51 anni di, di Sala Consilina, originario di Cava dei Tirreni.
E, sempre secondo gli inquirenti, era proprio a Sala Consilina che aveva sede la centrale operativa dell'organizzazione. Asse privilegiato era la Basilicata dove, a tenere le fila era Domenico Becce, di 49 anni, residente a Potenza.
Rocco Colombo